AIC: abolire il vincolo sportivo perché è una forma di privazione della libertà del calciatore.
AIC: abolire il vincolo sportivo perché è una forma di privazione della libertà del calciatore.

Il 18 giungo sarà, per i calciatori dilettanti, una data fondamentale: il Tribunale Amministrativo del Lazio si pronuncerà in merito alla illegittimità o meno del vincolo sportivo. L’Associazione Italiana Calciatori, che sta lottando per questa causa, vuole sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso la diffusione di un video realizzato grazie alla collaborazione di alcuni calciatori professionisti (Fabio Grosso, Simone Perrotta e il Vice-Presidente Umberto Calcagno). Il video vuole essere una denuncia dell’assurdità del vincolo sportivo (termine dei 9 anni) contrario ai diritti inviolabili dell’uomo, oltre che allo stesso principio CONI di congrua e ragionevole durata (delibera n. 1391 del 10.03.2009).

 

 

 

 

 


ILLEGITTIMITA' DEL VINCOLO SPORTIVO.
Il punto di partenza è inequivocabile: il “vincolo sportivo” viola i diritti inviolabili dell’individuo! Basterebbe questa considerazione, in uno “Stato di Diritto” come il nostro, in cui la libertà è il principio cardine sul quale si fonda la stessa Costituzione, per comprendere che la libertà non mai è derogabile e che deve essere garantita e rispettata in tutte le attività dell’uomo. Lo sport è l’attività nella quale l’uomo si realizza come singolo e come parte di un gruppo. In esso, pertanto, la libertà va tutelata a maggiore ragione e con massimo impegno.
Il “vincolo” nasce con la ratio di garantire alla società sportiva un “patrimonio tecnico-sportivo” per la valorizzazione dei giovani talenti. A dispetto di questo intento, il “vincolo” ha di fatto servito alimentato un sistema discutibile di guadagno per i club “proprietari” dei cartellini. Una tratta di lavoratori, in un mercato anti-concorrenziale, con regole blindate che costringono, addirittura, gli atleti a dover pagare i club per potersi “svincolare”. In sistema, insomma, obbliga una parte dei lavoratori a pagare per poter lavorare. Se lo sport, dunque, è un “patrimonio della comunità”, come hanno recentemente ricordato anche il Libro Bianco sullo Sport dell’Unione Europea nonché il Tratta di Lisbona, tutti gli sportivi [ivi compresi i calciatori] non possono essere considerati un “bene” nella proprietà di qualcuno, ma un “capitale sociale” che vive e cresce con la società sportiva. 
 
NORMATIVA CONI – CONGRUA E RAGIONEVOLE DURATA.
Entrando nel merito della delibera CONI n. 1391 del 10.03.2009, non può considerarsi congruo il termine dei 9 anni come
durata del “vincolo sportivo”. Il presupposto da cui partire è che, al raggiungimento della maggiore età, ogni persona deve essere libera di decidere indipendentemente sulla propria vita [anche quella sportiva, nel caso del calciatore], senza vincoli con qualunque scelta
precedentemente operata dai suoi tutori legali. Chiediamo, semplicemente, che all’atleta-calciatore vengano riconosciuti gli stessi diritti previsti per qualsiasi altro cittadino. Una durata congrua ed idonea sarebbe, pertanto, al massimo di 2 anni [dal 16° al 18° anno].
Indipendentemente da questo passaggio che riteniamo obbligato, tuttavia, occorre prendere atto che l’abolizione del “vincolo sportivo” rientra nei provvedimenti prioritari in tema di tutela delle libertà personali e di libero esercizio del lavoro.
Senza contare che, nella pratica, il sistema imposto dall’esistenza del vincolo finisce per favorire l’ingaggio di giocatori esteri a discapito di quelli italiani, cresciuti dai nostri “vivai”, con conseguente progressivo impoverimento della base del nostro sport nazionale. Compito precipuo della Federazione, in rispetto alle direttive del CONI, dovrebbe essere quello di tutelare lo sviluppo dello sport e di favorire la pratica a tutti i livelli, con particolare riferimento all’attività giovanile.  Abolire il “vincolo” perché è una forma di privazione della libertà dell’uomo, dello sportivo e del calciatore.