L’Interpiana, la ’ndrangheta e le finte sorprese
L’Interpiana, la ’ndrangheta e le finte sorprese

Un terremoto di proporzioni mai viste quello provocato dalla sentenza del Gup Carrelli Palombi sugli imputati del clan Pesce che avevano deciso di farsi giudicare con la formula del rito abbreviato, usufruendo così dello sconto di un terzo della pena. Un terremoto sia dal punto di vista delle condanne – 80 anni gli anni di carcere complessivi inflitti in primo grado – che per le cifre da capogiro che gli adepti della consorteria egemone a Rosarno dovranno restituire a Comune, Regione e ministero degli Interni come risarcimento per i danni provocati all’immagine degli enti. Ma se, condanne e risarcimenti sono all’ordine del giorno nella lotta alla ‘ndrangheta, discorso diverso va fatto per quello che riguarda la confisca di due società calcistiche reggine. As Rosarno e Interpiana Cittanova rappresentano infatti il primo caso nel Bel Paese di società sportive punite dalla magistratura ordinaria con la confisca della società stessa. Un precedente importante che ha finito per provocare un autentico sconquasso nel già disastrato mondo pallonaro regionale. Una sentenza importante che arriva come una mannaia sul distrattissimo territorio della pedata nostrana ma che certo non arriva come un fulmine a ciel sereno – visto che la società era stata messa, dopo il sequestro preventivo seguito all’operazione All Clean, sotto amministrazione giudiziale – anche se gli attori protagonisti di questa tragicomica storia in salsa calabrese sembrano essere, tutti, nessuno escluso, caduti dal pero. Dal pero cade il segretario della Lega nazionale dilettanti (competente per quello che riguarda l’Interpiana Cittanova) Mauro De Angelis che dal suo ufficio di via Allegria a Roma si dice stupito dalla sentenza. «È la prima volta nella storia della federazione – dice al telefono De Angelis – che ci troviamo di fronte ad una situazione del genere. Noi non abbiamo avuto ancora nessuna comunicazione ufficiale da parte della magistratura ordinaria quindi è difficile capire che tipo di provvedimenti potremmo prendere. Personalmente credo che la sentenza, almeno per il momento, non inciderà direttamente sul normale svolgimento del campionato di serie D. Quando e se la magistratura ordinaria ci informerà in modo ufficiale allora sarà la federazione a decidere. Stesso discorso va fatto per quello che riguarda la giustizia sportiva. La Procura della federazione potrà intervenire una volta ricevuto l’input da parte dei giudici di Reggio Calabria, ma ripeto, per ora non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale». Una storia vecchia quella del rapporto che lega il mondo del crimine organizzato e quello del gioco più amato dagli italiani; una storia che si ripete ciclicamente e che certo non aiuta un mondo che con il crimine organizzato non dovrebbe avere nulla a che fare, ma che purtroppo non trova barriere draconiane al suo ingresso. L’unico obbligo per le società sportive dilettantistiche che intendono iscriversi ad uno dei campionati previsti dalla Lega infatti, prevede la presentazione di una autocertificazione, firmata dal presidente della società stessa, sulla “pulizia” della fedina penale per quello che riguarda i dirigenti in rosa. Se si pensa però che il presidente del Marina di Gioiosa, ad esempio, era il latitante Rocco Aquino, si capisce l’efficacia della regola stessa. Dal pero cade poi l’amministrazione comunale di Cittanova, che nonostante la società fosse già sotto sequestro preventivo, ha elargito un contributo di circa sei mila euro – così come ha fatto per le altre società sportive attive in città – e si è impegnata per la costruzione di un impianto sportivo nuovo di zecca che verrà utilizzato però anche dalle altre compagini sportive cittadine. «Abbiamo fatto tutto nella massima trasparenza – dice il vice sindaco cittadino Domenico Bovalino – tanto che il contributo ci è stato richiesto dall’amministratore giudiziale della società, e quindi dallo Stato stesso. Abbiamo appreso della confisca della squadra dai giornali e, anche se non abbiamo ancora affrontato il caso specifico, ci comporteremo come con gli altri beni confiscati e, se ci sarà da farlo, ci costituiremo anche parte civile. Certo però qui non stiamo parlando di un bene immobile ma di una squadra di calcio e di sicuro non siamo nella possibilità di pagare lo stipendio ai calciatori come se fossero dei normali dipendenti comunali». Una situazione strana quindi anche perché avere in città una formazione che milita nel massimo campionato dilettantistico nazionale rappresenta un vanto. Almeno fino alla decisione di Carrelli Palombi di ieri, che però, arriva non certo inaspettata. Dal pero cade infine il presidente della società Enzo Condomitti che milita nel massimo campionato dilettantistico nazionale, che dopo avere acquistato il titolo sportivo dall’As Rosarno del presidente Varrà (che era intanto finito in carcere in seguito all’operazione All Inside) dalle mani del commissario straordinario non vede che tipo di contiguità ci possa essere con il clan Pesce anche perché «io mi occupu i palluni e si fora du palluni succedi autru, a mia non mi interessa». Almeno fino a martedì scorso.

fonte CalabriaOra