Salvare il salvabile è un obbligo, cambiare il destino del calcio un dovere
Salvare il salvabile è un obbligo, cambiare il destino del calcio un dovere

 

Le decisioni che provengono da Roma, fronte Lega Nazionale Dilettanti, sembrano sempre più indirizzate a salvaguardare il blocco di compagini attualmente presenti nei ranghi della Serie D. Un percorso “conservativo”, è evidente, dopo i dolori e le ansie di una stagione così lunga, strana, difficile e dispendiosa.

Tuttavia, qualcosa continua a non convincere. Sì, perché se da una parte la tutela di chi ha investito nella ripartenza del torneo di Serie D è sacrosanta, dall’altra è doveroso mantenere credibile l’intero sistema dilettantistico. A partire dall’Eccellenza, dichiarata solo qualche mese fa competizione di interesse nazionale.  

Dopo la scelta (discutibile) di annullare i playout a poche giornate dalla conclusione del torneo, ieri l’ennesimo indirizzo “cristallizzante”: la priorità per il ripescaggio in quarta serie spetta alle squadre che retrocederanno (o che sono retrocesse) quest’anno.

Anche questa volta, senza entrare nel merito della decisione, la tempistica lascia grandi perplessità.

Non è giusto “picchiare” sull’operato di chi si è trovato, per oltre un anno, alla guida di una carovana proiettata nel buio della pandemia. Questo campionato non può far testo da nessun punto di vista; o quasi.

Epperò, la gestione complessiva dei diversi momenti che ha vissuto la stagione è apparsa incredibilmente deficitaria. Forse davvero troppo, fino ad uno scadimento di quelle regole minime di ingaggio che dovrebbero caratterizzare una competizione agonistica.

Chi ha buona memoria ricorderà, ad esempio, l’avvio di stagione tormentato dagli slittamenti, l’adozione di un protocollo sanitario capestro, il successivo protocollo professionistico costosissimo, l’accordo con FederLab balbettante, i ristori di “Sport e Salute”, i rinvii a raffica e i recuperi slittati nei mesi più e più volte.

Tutti tasselli di un mosaico critico per contenuti e forme. Ma nessuno, o pochi, hanno condannato le incertezze della LND in questi mesi. Nessuno, o pochi, hanno sentito la necessità di infierire contro un organo chiamato a guidare una fase complicatissima del calcio nazionale.

Come nessuno, del resto, ha controllato l’operatività dei protocolli, il loro rispetto, l’attuazione di società e calciatori delle regole stabilite contro il contagio. Senza imbarazzi, queste cose bisogna dirsele.

Insomma, la volontà di perdonare gli inciampi c’è stata e ha coinvolto quasi tutti.

Oggi, però, diventa più difficile rimanere in silenzio. Quanto va accadendo – certificato dai comunicati ufficiali della Lega – chiama tutti a una riflessione sulla credibilità del girone I di Serie D.

Le cronache di tanti brillanti giornalisti apparse in queste ore sui siti di informazione, non ultime le nostre, hanno rimarcato la perniciosità di alcune determinazioni. Fino a quella odierna riguardante i ripescaggi.

Lo avevamo sottolineato anche durante la puntata di “La D di StadioRadio” di venerdì scorso: si prema sull’acceleratore e si chiuda quanto prima questa stagione, perché più si va avanti e più si rischia di creare precedenti e brutti fraintendimenti.

Ad oggi sappiamo che:

una sentenza della giustizia sportiva potrebbe scombussolare l’esito della classifica finale, anche se questa sentenza tarda ad arrivare;

le retrocesse avranno priorità nell’eventuale percorso di ripescaggio;

i playout sono stati annullati a pochi metri dal traguardo;

una parte delle compagini del girone I è già in vacanza, altre devono giocarsi o il titolo o la salvezza; altre ancora fungeranno da arbitro nonostante lo status vacanziero che va avanti da quasi due settimane;

diverse società hanno già consegnato il titolo al Comune;

la società FC Messina ha già fatto sapere che se dovesse finire seconda, i playoff non li farà;

altre società stanno smobilitando e hanno esonerato allenatori;

alcune società ancora in lotta per la salvezza sono interessate da insistenti e fisiologiche voci di calciomercato che stanno destabilizzando gli ambienti;

mercoledì scadono i contratti di calciatori e allenatori dilettanti.

Ecco, questi sono alcuni punti che meriterebbero una discussione seria da parte di Società, Associazioni di categoria e Lega Nazionale Dilettanti.

Nessuno si lamenta, ovviamente, perché le scelte sono state conservative, garantendo quanto più possibile le compagini di Serie D. Ma si può ancora parlare di campionato regolare?

Ognuno si faccia una opinione per come crede.

Onestamente, qualche dubbio noi lo abbiamo. E non ce ne voglia nessuno. Non si tratta di dare giudizi, piuttosto di fotografare ciò che accade.

Nel frattempo, si provi a immaginare un futuro oltre questa fase convulsa.

Da tempo si parla di riformare il dilettantismo. Ecco, lo si faccia per davvero: guardando ai territori, ai giovani, alla formazione e alla crescita del movimento. Si tolgano le scommesse dalla Serie D, si verifichino i compensi degli atleti e degli staff, si limiti l’azione dei procuratori, si lavori sui vivai obbligando alla qualità.

Salvare il salvabile è un obbligo. Ma cambiare il percorso diventa un dovere di tutti quelli che amano il calcio. Oggi più che mai.